in Leggendaria n.99; Marzo 2013
Io adesso giudico la società, quindi giudico l’arte. Giudico la politica, giudico ecco.
Carla Lonzi, Vai pure
Il 6 aprile è andata in scena a Bologna, presso l’Oratorio San Filippo Neri, la riduzione teatrale di Vai pure1di Carla Lonzi, di cui ho curato regia e drammaturgia. Lo spettacolo, interpretato da Irene Guadagnini e Lorenzo Ansaloni, ha debuttato a Modena in occasione delle celebrazioni del 25 novembre ed è stato prodotto dalla Casa delle Donne Contro la Violenza di Modena. Un prezioso sostegno morale e materiale alla realizzazione è venuto inoltre da Sandro D’Alessandro, cui si deve la ristampa delle opere di Lonzi.
«Vai pure è la registrazione in quattro giornate del momento di riepilogo di una relazione sui punti inconciliabili di due individui che sono due culture: quella della donna che cerca di porre le basi per il suo riconoscimento, quella dell’uomo che si richiama alla necessità di “ciò che è” che sono le sue necessità. Un gesto di intervento che rompe l’omertà del rapporto a due2». Non un diario, né una narrazione, ma un documento: le ultime parole, registrate e trascritte, di Carla Lonzi e Pietro Consagra prima della rottura. Tutti i nodi del pensiero di Lonzi ‒ il rapporto, l’autenticità, l’uscita dalla cultura ‒ sono toccati in modo spoglio, disperato, senza lo smalto, rintracciabile in altri testi, della femminista che si sa iniziatrice. In Vai pure si assiste all’autodistruzione del rapporto per forza di scavo e al ferimento reciproco e costante di due coscienze radicali. Carla, severa regista della registrazione, tradisce a tratti un doloroso risentimento, ma la condanna dell’arte, che per Pietro è motivo di vita da anteporre al rapporto, è definitiva: «non la sento come un fattore spirituale, ma come un mezzo della società per permettere ai suoi membri di unirsi senza neanche guardarsi in faccia e sentirsi ugualmente insieme dentro la cultura, una società, dei valori»3.
Scrive Maria Luisa Boccia su Taci, anzi parla4: «In questi quaranta anni molte cose sono avvenute, non solo a opera delle donne, e il presente non può certo essere compreso facendo ricorso a quanto è stato detto e fatto dai gruppi femministi degli anni settanta. Perché, allora, tornare al testo di Lonzi? Nonostante le differenze di percorso, e nonostante tutto l’accaduto che divide il presente dal suo tempo, trovo in Lonzi uno stimolo e una promessa. Lo stimolo a essere esigente, perfino spietata con me stessa, nella vita privata e pubblica. La promessa è che se corrispondo a questa esigenza posso trovare il modo di coniugare principio di piacere e principio di realtà5». Ecco qual è l’importanza, in un momento in cui è urgente rinegoziare rapporti e ruoli, di ripercorrere l’itinerario di Carla Lonzi nella sua ricerca di autenticità ‒ spinta fino alla rinuncia, prima che del rapporto di coppia, del ruolo sociale6.
Devo a Federica Mazzoni l’intuizione del potenziale teatrale del testo mentre mi sono state di stimolo le ricerche dell’ultima Lonzi, che si rivolge al teatro di Molière per cercare tracce di quei modelli femminili che la cultura condanna al ridicolo e al tempo stesso impone7. Tuttavia è all’estenuante corpo a corpo con il linguaggio che ho scelto di dare rilievo, a questa lotta eroica e insieme ambigua, necessaria eppure senza lieto fine: mi interessa infatti lo spettacolo di un dialogo «al limite delle forze»8, che pur non trovando via d’uscita non cessa di cercarla. Un monito prezioso in un momento in cui «se volgiamo lo sguardo al presente sono patenti i segni di crisi dell’identità maschile e della civiltà patriarcale. Mi limito a richiamare due aspetti. Quello della violenza verso le donne, con stupri, omicidi, lesioni, intimidazioni, a opera per lo più dei loro partner. Quello dell’accanimento al potere, politico e non solo, nel tentativo illusorio di compensare la perdita di autorità9».
1 Carla Lonzi, Vai pure. Dialogo con Pietro Consagra,Scritti di rivolta femminile, Roma, 1980. Ora et.al/edizioni, Milano 2011. Le citazioni del testo di Carla Lonzi sono tratte dalla prima edizione.
2Ibid., p.5.
3 Ibid., p.23.
4 Carla Lonzi, Taci, anzi parla. Diario di una femminista,Milano, et al./edizioni, Milano, 2010.
5 Maria Luisa Boccia, L’io in rivolta. Sessualità e pensiero politico in Carla Lonzi, www.etal-edizioni.it. Poi in CarlaLonzi, critica d’arte e femminista. La duplice radicalità, a c. di L. Conte, V. Fiorino, V. Martini (ETS, Pisa 2010).
6 «Perché a me non mi sorregge nulla… non ho riconoscimento sociale, non ho un ruolo… proprio vivo in equilibrio con altre poche donne altrettanto non sorrette di me». In C. Lonzi, Vai pure, cit., p.20.
7 «Ho visto Le intellettuali di Molière e ho detto “Mah, lì ci sarà qualcosa perché come niente questo che interessa a me, questo atteggiamento, questo non concedere all’uomo dei privilegi, come niente è considerato l’intellettualità femminile”». C. Lonzi, Armande sono io!, Milano, Scritti di rivolta femminile, 1992, p.30.
8 Boccia, cit.
9Ibid.
Donatella Allegro, Vai pure a(l) teatro, in Leggendaria n.99; Marzo 2013; 90 + 24 Pagine; Euro 13,00 p.c.