Salute a te!

Domenica 25 ottobre, in diretta streaming sul canale YouTube e sulla pagina Facebook di Collettivo Amalia: facebook.com/collettivoamalia/ youtube.com/channel/UCa37rNf6pcMByeZ6EkHcGpQ/ a cura di Collettivo Amalia promosso e realizzato da Tra un atto e l’altro nell’ambito del progetto “Il Corpo delle Donne. Corpo sociale. Una lunga storia di interazioni” Terza edizione con il sostegno di Istituzione Gianfranco Minguzzi in collaborazione con Comune di Bologna – Quartiere Navile, Casa della Salute Navile finanziato nell’ambito della legge regionale contro la discriminazione di genere LR 6/2014 Una giornata seminariale di riflessione e lavoro nata dal desiderio di valorizzare in chiave di genere e di generazioni le esperienze territoriali socio-sanitarie di base sviluppatesi in questi anni, avviando una riflessione sulle funzioni delle case della Salute. Un momento di riflessione nato anche come risposta alla recente crisi sanitaria vissuta da ciascuno singolarmente e da tutti come corpo sociale che ha reso più evidente la necessità di un lavoro reticolare di monitoraggio epidemiologico e di prossimità della cura: il seminario intende approfondire dunque questi aspetti. Il convegno è diviso in 3 aree tematiche. ore 14.30 – 16 AREA TEMATICA MAPPE Madrina: Silvia Napoli Attrice conduttrice: Donatella Allegro Interventi di Ilaria Camplone, Dipartimento cure primarie (Az. USL Bologna); Giulia Rodeschini, Agenzia sanitaria e sociale Regione Emilia-Romagna; Nicoletta Landi, antropologa, esperta educazione sessuale e ai sentimenti dello Spazio Giovani (Az. USL Bologna); Maruska Albertazzi, blogger, sceneggiatrice e regista; Annalisa Soncini e Sabina Giuliodori, psicologhe presso Sokos (Bologna); Patrizia Stefani, presidente Associazione MEG Medicina di Genere; Cecilia Francini, Casa della Salute Le Piagge (Firenze) Mappe entra nel vivo con le esposizioni di alcune tra le esperienze possibili di ricerca e innovazione nell’ambito di una medicina che ci piace definire “di contesto”. L’obiettivo di questa sessione è quello di gettare le basi per una possibile geografia di saperi e competenze che operano con il fine di creare relazioni tra i territori e le istituzioni sanitarie, prioritarie in una fase di criticità sociale diffusa come la presente. ore 16 – 17 AREA TEMATICA NARRAZIONI Madrina: Bruna Zani Attore conduttore: Giuseppe Attanasio Interventi di: Maria Augusta Nicoli, Agenzia sanitaria e sociale Emilia-Romagna, Chiara Bodini, Centro di Salute Internazionale e Interculturale (CSI); Fulvia Signani, psicologa docente di sociologia di genere e della salute UniFe, Cristina Malvi, Direttore distretto Az. USL Bologna; Giovanna Perucci, psicologa e scrittrice; Camilla Endrici, scrittrice Narrazioni pone l’accento sugli aspetti relazionali e narrativi tra operatori e cittadini, ed è finalizzata al miglioramento della pro-attività del cittadino-paziente, allo scambio di esperienze di mutuo aiuto, all’autoformazione dei professionisti del settore, per rinnovare i processi di accoglienza e rendere le Case della Salute luoghi aggregativi. Al centro di questa sezione il recupero di un patto fiduciario tra operatori volto al miglioramento dei processi di prevenzione e all’arricchimento del monitoraggio dei bisogni partendo dal vissuto e dall’immaginario delle persone. ore 17 – 18 AREA TEMATICA SAPERI Madrine: Maria Giovanna Caccialupi e Flavia Franzoni Attrice conduttrice: Flavia Bakiu Interventi di: Concetta Randazzo Responsabile Casa Salute Navile, Evita Zoni direttore personale infermieristico Az. USL Bologna; Federica Melis ostetrica Ospedale di Bentivoglio; Francesca Rossi, psicologa, attrice e regista, esperta di disturbi del comportamento alimentare; Milena Braca, Responsabile servizio sociale territoriale Quartiere Navile; Valeria Ribani, Caffè Alzheimer – MEG Medicina Europea di Genere Saperi indaga la trasmissione di conoscenze formative tra le generazioni e i mutamenti normativi che ne fanno da cornice, con l’obiettivo di fare una disamina delle innovazioni organizzative, amministrative, formative e culturali e delle loro dinamiche: nuove figure professionali, arricchimento delle competenze, aggiornamento continuo, ma anche trasversalità, lavoro di equipe, pratiche comunicative nuove, evoluzione del linguaggio. ore 18 – 19 Conclusioni degli Amministratori: Sandra Zampa, Sottosegretario di Stato alla Salute; Giuliano Barigazzi, Assessore Sanità e Welfare Comune di Bologna; Federica Mazzoni, Presidente Commissione Istruzione, cultura, giovani, comunicazione Comune di Bologna; Daniele Ara, Presidente Quartiere Navile; Mariaraffaella Ferri, Consigliera comunale e consigliera delegata Pari Opportunità della Città Metropolitana, On. Livia Turco Presidente Fondazione Nilde Iotti, già Ministra solidarietà sociale e salute. CONTATTI Angela Malfitano, coordinamento: angela.malfitano@gmail.com | (+39)3386670959 Agnese Doria, prenotazioni: collettivoamalia@gmail.com | (+39)3474594481

Lingua Madre

In scena al Teatro Arena del Sole, Bologna dal 2-6 dicembre 2020 Cosa significa la parola madre? È necessario essere una donna per essere una madre? È necessario essere madre per essere una donna? Essere madre è una decisione? Di chi? C’è un solo modo per essere una madre? In questa nuova ondata femminista globale, il diritto di decidere quando e come essere una madre è un diritto in discussione. In molti paesi si combatte per legalizzare l’aborto, mentre in altri, in cui era già legale, si vuole tornare indietro. In alcuni paesi si discute di crisi delle nascite, delle leggi sulla maternità assistita, sul congedo di maternità o paternità. E in altri, si discute di aborto in caso di stupro, abbandono precoce della scuola da parte di madri adolescenti, di sostegno economico per ogni figlix. In tutte queste discussioni ascoltiamo l’opinione della politica, della Chiesa e della scienza, ma non sappiamo cosa pensano quelle che partoriscono, adottano, crescono o accompagnano la crescita dei bambini e delle bambine. In Lingua Madre un gruppo di persone di diverse età, professioni, classi, passati migratori, risponde a un questionario sulla maternità con parole, musica, azioni. Il palcoscenico diventa un luogo per rispondere collettivamente, discutere, definire strategie, scrivere manifesti o distruggerli. Questo spazio potrebbe essere un laboratorio di una clinica futura, un’assemblea, un rituale sciamanico o semplicemente un incontro sociale. Il progetto verrà realizzato in diverse città del mondo con un gruppo di persone diverse che risponderanno alle stesse domande, creando così un laboratorio mobile. Lingua Madre è un progetto su come chiedere e rispondere, sul potere di pensare la parola madre da zero. “Nelle ricerche condotte per Lingua Madre sono stati intervistati medici, esperti in fecondazione assistita, ostetriche, doule, avvocati, antropologi, attiviste femministe, attiviste anti-aborto, madri lesbiche che lottano per il riconoscimento dei figli, madri migranti che hanno dovuto lasciare i propri bambini per prendersi cura degli altri, madri adolescenti senza sostegno sociale, madri transessuali, famiglie che hanno scelto la gestazione per altri, famiglie che hanno atteso anni per adottare, donne che hanno dovuto mentire per accedere ai trattamenti per la fertilità, donne che si prendono cura temporaneamente dei neonati prima dell’adozione, persone intersessuali che combattono per rimanere incinte, donne che scelgono di non avere figli. Le conversazioni hanno rivelato che tutte esperienze non sono una questione privata ma spazi di lotta. Come dice il filosofo Paul B. Preciado, la finzione individualista neoliberale ci illude di essere padroni del nostro corpo, in realtà sono gli apparati governativi ed economici a controllare i nostri organi, l’utero in particolare. Non dovremmo sorprenderci che molte attuali battaglie politiche investano il campo della procreazione. Questi vissuti hanno la forza di allargare la portata del nostro sguardo e del nostro pensiero, aprendo domande sul presente e sul futuro: che cos’è una famiglia oggi? La procreazione è un lavoro? E cosa accadrebbe se gli uteri iniziassero a scioperare? E se i bambini nascessero da un grembo artificiale? Lingua Madre è un territorio per pensare l’istituto della maternità, presente, passato e futuro. Come un dizionario scritto sul palcoscenico, ogni voce rinnova il senso di una parola antica.” Lola Arias   Prima assoluta testo e regiaLola Arias con: Donatella Allegro, Angela Balzano, Marzia Bisognin, Chiara Bodini, Egon Botteghi, Giovanni D’Alessandro, Eloisa Gatto, Marcella Terrusi, Florette Zengue, Martina Zucchini scene e costumi Mariana Tirantte video e luci Matias Iaccarino direzione coro Meike Clarelli musicheMeike Clarelli e Davide Fasulo coreografiaLuciana Acuña dramaturgPiersandra Di Matteo assistente alla regia e responsabile produzione Lola Arias Company Laura Cecilia Nicolas ricerche e casting Piersandra Di Matteo, Cosetta Nicolini collaborazione alle ricerche bibliografiche Marina Mariasch traduttrice Teresa Vila direttore tecnico Massimo Gianaroli direttore tecnico in sede Vincenzo Bonaffini direttrice di scena Paola Castrignanò tecnico video Yassin Hannat elettricista Tiziano Ruggia fonico Andrea Melega macchinisti Davide Capponcelli, Massimo Abbondanza sarta Elena Dal Pozzo responsabile del Laboratorio e capo costruttore Gioacchino Gramolini costruttori Sergio Puzzo, Marco Fieni (costruzioni in ferro), Jurgen Koci, Tiziano Barone, Riccardo Benecchi scenografe realizzatrici Ludovica Sitti e Sarah Menichini, Benedetta Monetti, Rebecca Zavattoni, Martina Perrone (tirocinante) assistenti alla produzione Francesco Vaira, Francesca Lombardi (tirocinante) produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione nell’ambito del progetto Atlas of Transitions foto di scena e documentazione video Stefano Triggiani Lola Arias (Argentina, 1976) è scrittrice e regista teatrale e cinematografica. Artista poliedrica la cui opera coinvolge persone di diversa estrazione e provenienza (veterani di guerra, ex comunisti, bambini migranti ecc.) in progetti teatrali, cinematografici, letterari, musicali e di arti visive, Arias gioca sulla sovrapposizione di realtà e finzione. Oltre ad aver ricevuto prestigiosi riconoscimenti, i suoi lavori sono ospitati in numerosi festival internazionali tra i quali il Lift Festival di Londra, Under the Radar di New York, il Festival di Avignone, il Theater Spektakel a Zurigo, il Wiener Festwochen, il Festival Theaterformen di Brunswick/Hannover, Spielart Festival di Monaco, Berlinale e presso alcuni dei più importanti teatri del mondo tra cui Théâtre de la Ville di Parigi, REDCAT di Los Angeles, Walker Art Centre a Minneapolis, Parque de a Memoria di Buenos Aires, Museum of Contemporary Art di Chicago e il Royal Court Theatre di Londra.

È nata Amlet_a

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=108851814324903&id=108179904392094 E’ nata Amleta. Amleta è nata per raccogliere dati e così evidenziare, monitorare, esaminare le differenze di trattamento tra donne e uomini nel mondo dello spettacolo. E’ nata cioè dal bisogno di sostituire le sensazioni con numeri, cifre, percentuali; dati inconfutabili e incontrovertibili. Amleta si propone di intervenire per provare a colmare il divario emerso. Amleta sa che i numeri spersonalizzano e che quindi è nata per ricordare che le disparità evidenziate si traducono in minor qualità della vita e limitano la possibilità per le donne di immaginare e programmare il proprio futuro. Amleta è nata per chiedere di liberare spazi in cui le donne possano esprimere i loro talenti, esercitare la loro creatività, le loro abilità, la loro intelligenza, e avere anche la possibilità di sbagliare, così com’è stato concesso agli uomini per millenni. Amleta crede nella meritocrazia. Proprio per questo chiede di mettere più donne alla direzione dei teatri, alla regia sui grandi palcoscenici, a scrivere le storie per il pubblico che riempie le sale. Se vede poche donne in questi ruoli Amleta non fa l’errore di scambiare l’effetto con la causa. Amleta è nata per chiedere di utilizzare i fondi pubblici in maniera corretta. Corretta non è inteso solo in relazione alle percentuali occupazionali ma anche di offerta culturale. Amleta vuole vedere anche il mondo lasciato fuori dalle narrazioni fatte finora. Vuole più ricchezza sui palcoscenici, più storie, più punti di vista, più voci in grado di raccontare la complessità e la varietà del reale. Amleta ricorda che la maggior parte delle persone sedute nelle nostre platee, la maggior parte del pubblico pagante sono donne, che hanno il diritto di vedersi rappresentate, e di vederlo fatto attraverso storie che le raccontino in maniera equilibrata e non stereotipata. Ricordiamo che “l’immagine femminile con cui l’uomo ha interpretato la donna è stata una sua invenzione”. Amleta è nata perché ritiene imbarazzante dover nel 2020 ancora parlare della necessità di colmare il gender pay gap. Amleta è nata per ricordare che queste richieste non sono concessioni ma la corretta applicazione dei principi della nostra Costituzione. Amleta sa che la realtà trasforma il linguaggio così come il linguaggio trasforma la realtà. E’ nata tutte le volte che le donne sono state negate con le parole e chiamate direttore, drammaturgo, tecnico. E’ nata tutte le volte che le parole di chi ha provato a denunciare il divario di genere sono state ignorate, ridicolizzate, depotenziate, etichettate come lamentele o retorica. Amleta ritiene che anche le donne del mondo dello spettacolo abbiano il diritto di vivere la loro maternità serenamente, non solo potendo usufruire di sostegni al reddito adeguati ma anche risparmiandosi tutti quegli ostacoli e comportamenti che danno l’impressione alla donna di dover espiare una colpa nel momento in cui decide di diventare madre. Amleta è nata tutte le volte che sopra un molestatore o un abusante è stata messa la vernice glitterata dell’artista genio, del regista genio, dell’attore genio. Amleta è nata tutte le volte che gli uomini, artisti registi attori, non hanno preso posizione rispetto agli abusi dei molestatori, avallando così la menzogna di una correlazione tra violenza e creatività. E’ nata tutte le volte che si è scelto di produrre, premiare, scritturare un aggressore. E’ nata tutte le volte che alle vittime che hanno denunciato o segnalato non è stato dato ascolto o è stato fatto credere che l’abuso fosse un fisiologico passaggio legato alla loro professione. Amleta si domanda come mai in Italia sia naturale empatizzare più con l’aggressore che con la vittima e intende fare l’esatto contrario; sostiene le vittime; dichiara tolleranza zero su molestie e abusi sessuali, condanna fermamente la vittimizzazione secondaria. Non ritiene la violenza una questione privata che ogni donna debba risolversi da sola, ma invita ad un’assunzione di responsabilità collettiva. Pensiamo che nessuna donna debba essere più costretta a scegliere tra la propria dignità e il lavoro che desidera fare. Amleta quindi è nata da tanto tempo e in tanti luoghi. E’ semplicemente che oggi, noi, abbiamo deciso di darle un nome. Se sei attrice e ti riconosci in questo progetto unisciti a noi: amleta.info@gmail.com oggetto: un’Amleta Se hai subito un abuso, una discriminazione, una violenza segnalacelo: osservatoria.amleta@gmail.com Se pensi che il nostro progetto sia importante sostienici. Iniziamo un nuovo corso. Grazie.